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Tra moglie e marito …

Il matrimonio può essere inteso come la stipula di un patto tra due persone che intendono trascorrere insieme il resto della loro vita: “nella gioia e nel dolore, in salute e in malattia, finché morte non ci separi”.

A differenza degli altri tipi di accordi, quello matrimoniale racchiude in sé due distinti livelli:

  • un impegno formale: comune a ogni patto.
  • una dimensione inconsapevole: caratterizzata da desideri, bisogni, timori, aspettative propri a ogni singola persona.

L’incontro tra due persone, infatti, non avviene solo a livello fisico ma anche (e forse soprattutto) a livello psichico. Nella maggior parte dei casi, sono i vissuti intimi delle persone a incontrarsi e questi, per loro natura, sono spesso inconsapevoli.

L’aspetto positivo di questa dimensione inconsapevole è la messa in risalto di una sorta di identità somigliante tra i due elementi della coppia, una rosa di fattori comuni che rimandano, attraverso il patto, al rapporto interiorizzato con le figure genitoriali, con il sistema familiare, e con l’esterno.

Il rovescio della medaglia è il tema del vincolo, vissuto come limite che il patto introduce. Ci si riferisce all’obbligo reciproco tra i contraenti, ai doveri reciproci, al sentirsi impegnati l’uno con l’altro.

La presenza della dimensione inconsapevole, tipica del legame matrimoniale, spiegherebbe il peso e il dolore che una frattura può portare con sé.

Questo punto di vista prettamente psicologico, è stato esaminato da Paul Bohannan, che suddivise il fenomeno della separazione e del divorzio in sei distinte dimensioni.

Si tratta di sei fasi che una coppia che decide di mettere fine il proprio patto matrimoniale si trova ad attraversare. L’andare oltre o lo stazionare in una di queste dimensioni determinerà le sorti del proprio benessere psichico.

Vediamole insieme …

Il divorzio emozionale

Mettere fine a un matrimonio significa dichiararlo chiuso, ovvero infrangere la cosiddetta “dichiarazione di impegno” (il patto a livello ufficiale), nonché́ il cosiddetto “patto segreto” (ciò che impegna l’emotività, il mondo interiore). I due patti, però, non si sciolgono nello stesso momento. Intervengono varie emozioni legate alla paura: paura per il futuro e per le conseguenze che la separazione comporta, paura della solitudine, paura di sbagliare, ecc. e per esorcizzarla, si trovano giustificazioni all’esistenza in vita di un rapporto che, ormai, non ha più̀ basi su cui poggiarsi. Il divorzio emozionale può intervenire in una fase decisamente precedente a quella della separazione fisica della coppia oppure, al contrario, può non arrivare per molto tempo anche dopo la separazione.

Il divorzio legale

Dopo aver elaborato l’accaduto, si è pronti a mettere da parte la rabbia e il dispiacere facendo venir meno anche la dimensione vendicativa: in sostanza, si è pronti a rinunciare alla guerra, soprattutto a quella in tribunale. Il divorzio legale sarà, certamente, meno traumatico se interviene dopo quello emozionale.

Il divorzio economico

Si ricordi il proverbio: “Coppia separata, spese raddoppiate!”. Ci sono casi in cui si preferisce rimanere “separati in casa”, pur di non affrontare le ingenti spese che il distacco matrimoniale comporta. Spesso capita, però, che il denaro diventa veicolo di guerra: viene utilizzato per strumentalizzare il rapporto di coppia, o quel che ne rimane. Ci si convince della possibilità̀ di mantenere legato a sé il partner, secondo l’equazione denaro = potere.

Il divorzio comunitario

La coppia vive in un entourage fatto di amici, parenti e conoscenti che, con la rottura del matrimonio, inevitabilmente si indebolisce e, in alcuni casi, si sgretola. Da qui, la necessità di molti di cercare rifugio nella propria dimora d’infanzia: si torna a casa dei propri genitori perché dà sicurezza e allenta il senso di solitudine.

Il divorzio genitoriale

Si può divorziare dal proprio partner, ma il desiderio non è quello di lasciare i propri figli. Può cambiare il proprio stato civile, ma non si smette mai di essere genitori. Nonostante ciò, si può verificare il caso in cui non si è concordi circa lo stile educativo, le scelte per i figli, la disciplina da impartire. Può accadere che il genitore non convivente, stanco e frustrato per le varie disavventure, finisca con l’abbandonare il campo, diminuendo gli incontri con i figli e facendo sentire sempre meno la propria presenza come genitore. Negli ultimi anni, tuttavia, si è assistito ad un cambiamento di rotta. I padri hanno unito le forze nella lotta alla “riabilitazione” della figura del genitore che non convive con i figli, dei compiti, degli spazi, delle responsabilità paterne, o semplicemente, dei diritti dei papà divorziati.

Il divorzio psicologico

Bohannan lo ha definito come

la separazione di sé dalla personalità e dall’influenza dell’ex coniuge”.

Distaccarsi dall’altro e imparare a vivere in maniera del tutto autonoma e indipendente non è cosa da poco e non mette in discussione solo il piano emotivo o emozionale, ma coinvolge tutta la sfera pratica della quotidianità: dal pagamento delle bollette alla dichiarazione dei redditi. Naturalmente, le difficoltà e le complicanze – sia emotive che pratiche – esistono per entrambi i coniugi, sia colui che lascia, che colui che viene lasciato. Il divorzio psicologico è felicemente avvenuto quando i coniugi, che hanno accettato la separazione, individuano le proprie responsabilità.

Il non superamento delle fasi descritte e la mancata rielaborazione personale dell’evento separativo, porta alla cronicizzazione dei conflitti mantenendo vivo il legame che si trasforma in “disperante”.

Con queste premesse, è comprensibile perché non basti dichiarare la fine di un patto perché questo sia davvero chiuso e sigillato.

È possibile riuscire a sciogliere il patto relativamente all’impegno e ai doveri, ma per riuscire a farlo anche a livello più intimo e segreto è necessario superare la fase del divorzio psichico ed elaborare il lutto che ogni perdita porta con sé.

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