Solitamente si ha un buon motivo per smettere di parlare con un parente stretto, perché non è facile farlo, ma soprattutto perché comporta profondo dolore sia per chi lo fa, sia per chi si vede tagliato fuori dal rapporto. Di solito questo comportamento nasconde profonde ferite nel rapporto passato, come disaccordi cronici, abusi, difficoltà di accettazione dell’altro, o del suo cambiamento.
Chi decide di prendere le distanze è sovente criticato, genera rabbia negli altri parenti, e, di conseguenza, viene etichettato come ingrato, degenere, snaturato, ecc. Raramente viene fatto un tentativo “empatico” di comprensione delle motivazioni che sono alla base di questa scelta, eppure lo stesso Walt Whitman sosteneva:
“Ho imparato che stare con quelli che amo mi basta”.
Chi taglia la comunicazione con un parente stretto è arrivato al proprio limite.
Il rapporto era già difficile da tempo a causa di comportamenti scorretti quali: maltrattamenti o abusi, ipercuria o incuria, autoritarismo, disprezzo, mancanza di supporto, invisibilità, mancanza di affetto, esperienze traumatiche, esplosioni emotive ripetute, intensi conflitti e disaccordi violenti, diretti o indiretti ma a cui hanno assistito impotenti, oppure per disturbi dell’attaccamento, per valori e credenze differenti, a causa di forti delusioni, eventi importanti della vita che hanno portato a cambiamenti non accolti, oppure ancora per gravi fraintendimenti comunicativi protratti e prolungati.
Mantenere quel legame affettivo ha creato molto malessere psico-affettivo nel tempo in chi arriva a chiudere, ma la sua decisione sembra oltremodo brusca, perché è perentoria. Viene rifiutato il confronto perché viene vissuto come una ulteriore e dolorosa lite che non porterà a risolvere il problema relazionale. Ogni contatto è precluso e il conflitto resta irrisolto.
L’estraniamento familiare è la perdita di una relazione preesistente tra i membri di una famiglia attraverso il distanziamento fisico ed emotivo. In altre parole, per chi viene estraniato la comunicazione diventa improvvisamente minima o assente, senza spiegazioni, improvvisamente e per un periodo di tempo indefinito.
Sono relazioni interrotte tra genitori, nonni, fratelli, figli, cugini, ecc.
In uno studio pubblicato in Inghilterra sul tema dieci anni fa, i dati esponevano un fenomeno già molto più diffuso di quanto si pensasse: 1 persona su 4 ne era colpita e in un campo generazionale ampio, perché compreso tra i 18 e i 60 anni. La pandemia e il distanziamento sociale hanno aggravato il fenomeno e attualmente è molto diffuso anche in Italia.
Una percentuale significativa di estraniamenti coinvolge un’altra persona o più persone, che forniscono supporto emotivo all’estraniante (viene definito così chi chiude la comunicazione con il proprio parente). Il sistema di supporto sociale alternativo rende possibile la scelta dell’estraniamento e permette l’approfondimento del distanziamento.
Coloro che hanno chiuso il rapporto vivono sovente nella vergogna di non appartenere a una “famiglia normale” e scelgono di tacere, perché quando ne parlano vengono socialmente stigmatizzati negativamente. Viceversa, coloro che sono stati estraniati dapprima, quando si lamentavano, si sono sentiti sostenuti, ma poi hanno smesso di parlarne, perché hanno percepito nei loro interlocutori il giudizio: “Se si comporta così con te, un motivo ce l’avrà. No?”.
L’isolamento è lo stigma sociale, sia per chi estranea che per chi viene estraniato. Avviene la progressiva frustrazione sia del bisogno di appartenenza familiare, sia del bisogno di sicurezza, dato che hanno perso il controllo delle interazioni sociali, sia dei bisogni morali di mantenere alto il livello di autostima e di dare il “giusto” senso alla propria esistenza.
L’allontanamento subito è incompreso e indesiderato: è un lutto relazionale che non arriva mai allo stato di accettazione. Chi lo subisce, mette in atto a una serie di strategie, solitamente infruttuose, per cercare di “riparare” la frattura. Assumersi la responsabilità dell’accaduto e fare ammenda è una strategia tra le più fruttuose, a dichiarazione degli intervistati e dei partecipanti ai social, ma non sempre l’estraniato è in grado di riconoscere i propri torti.
D’altro canto, chi si allontana e chiude ogni comunicazione, sovente, sceglie di non dare più spazio alla persona che è stata fonte di così grande sofferenza, in ogni caso. In queste condizioni non è possibile alcun riavvicinamento o riapertura comunicativa.
Nel 2022, il 12,3% dei figli estranianti intervistati attraverso blog e social, e il 2,3% dei genitori estranianti, hanno motivato l’estraniamento per le situazioni vissute durante gli anni di acceso conflitto legato al divorzio conflittuale.
Il 13,9% ha esposto situazioni di abuso emotivo, psicologico, sessuale o fisico, e il 2,9% dei genitori estraniati fa parte dei genitori che hanno dichiarato di non essere riusciti a prevenire o evitare l’abuso sui propri figli. L’abuso è anche il principale motivo di estraniamento tra fratelli.
L’abuso di sostanze e alcol, la malattia mentale, il disturbo post traumatico da stress, i disturbi della personalità e il tradimento della fiducia, sono ulteriori ragioni di estraniamento familiare.
In contrasto al fenomeno dell’estraniamento, l’Alienazione Genitoriale si riferisce al rifiuto di un genitore divorziato da parte dei figli per motivi indiretti e non personali.
I figli, nel caso dell’Alienazione Genitoriale o Parentale (se si vuole usare una cattiva traduzione dall’inglese parent), avevano un ottimo rapporto con il genitore rifiutato fino alla separazione dei genitori; separazione che è avvenuta in modo eclatante. Il genitore rifiutato è visto come colpevole della separazione, per aver commesso azioni socialmente condannabili.
Questo esecrabile comportamento porta i figli, che sono in grado di esprimere il proprio giudizio morale, a vergognarsi del proprio genitore e quindi a soffrire dentro di sé una lotta interiore. Da un lato provano sentimenti di amore e appartenenza, dall’altro se ne vergognano e se ne vogliono distanziare, quindi: dapprima sono colmi di rabbia e biasimo, poi rifiutano di frequentarlo. L’altro genitore, quello convivente, resta l’unico porto sicuro in cui prendere rifugio.
Il genitore convivente, in considerazione dell’accaduto, desidera proteggere i figli e, per farlo, agisce per allontanarli da chi è visto in tutta la sua negatività. A volte viene detto esplicitamente, più spesso viene fatto percepire ai figli il senso di pericolo al solo avvicinarsi dell’altro. Si sente legittimato, dal desiderio di tutelare se stesso e la prole, a mettere in atto comportamenti finalizzati a sciogliere il legame naturale esistente tra i figli e un genitore “mostruoso”.
L’alienazione è, pertanto, una condizione mentale non “normale”, in quanto consiste in un comportamento disadattivo: il rifiuto di frequentare un genitore amorevole e amato.
Questo comportamento disadattivo è il risultato dell’azione di allineamento ideologico che si realizza grazie alla convinzione concettuale del genitore convivente: quel genitore è maligno, pericoloso, non affettuoso verso di me e la famiglia né degno di amore filiale.
L’alienazione genitoriale è infatti descritta nella letteratura in lingua inglese come un disturbo percettivo e comportamentale in cui i figli, solitamente nel contesto di condivisione degli atteggiamenti fobici del genitore convivente, soffrono di una irragionevole avversione nei confronti dell’altro genitore e delle persone collegate, con cui hanno avuto una relazione molto positiva in passato e con cui, se cessasse l’opera di demolizione del legame da parte del genitore convivente, potrebbero ancora recuperare affetto e fiducia.
In pratica, i figli alienanti, a differenza dei figli estranianti, non hanno motivi personali, ovverosia nascenti dal loro rapporto diretto col genitore alienato, per tagliarlo fuori dalla propria vita.
Nel prossimo articolo esamineremo più a fondo l’alienazione genitoriale, i vissuti di chi ne è coinvolto e le conseguenze psico-affettive. Quello che volevamo qui sottolineare è il contrastante aspetto di sofferenza diretta e personale che caratterizza chi agisce l’estraniamento.