Tutte le verità attraversano tre stati. Prima vengono ridicolizzate; poi violentemente contrastate; infine accettate come ovvie
Schopenhauer
Con l’espressione alienazione parentale ci si riferisce a quelle situazioni in cui un figlio (o una figlia), sofferente a causa della separazione dei genitori, finisce per rifiutare uno dei due genitori a causa delle sollecitazioni, sovente non consapevoli né esplicite, provenienti dall’altro genitore. Ha sviluppato prima sfiducia e biasimo, poi diffidenza e ostilità, sentimenti che compromettono ogni forma di rapporto con il genitore rifiutato.
Nel 2012 Leonardo Rigamonti, un bambino di 10 anni conteso fra i genitori in forte discordia, noto come il bambino di Cittadella che venne prelevato a forza da scuola, aprì dibattiti molto accesi, anche sulla solidità scientifica della cosiddetta PAS.
Il neuropsichiatra Francesco Montecchi, primario all’Ospedale Bambin Gesù e professore universitario all’Università La Sapienza di Roma, scrive:
“Il massacro psicologico a cui vanno incontro i bambini coinvolti nell’alienazione di un genitore emoziona e scuote, a volte indigna”
E prosegue:
“Sono bambini danneggiati, paradossalmente, in modo più grave di quanto si vede in altre forme di abuso: i bambini abusati e traumatizzati, hanno, alla comparazione, una serie di risorse di difesa dalla sofferenza (la rimozione, la negazione, l’identificazione con l’aggressore, etc) di cui i bambini PAS non possono fruire perché sono quotidianamente sollecitati e quindi non possono rimuovere e debbono utilizzare funzionamenti difensivi più arcaici e più patologici e pertanto emotivamente più gravemente danneggianti.
I funzionamenti psicotici visti nei bambini PAS: non li ho mai visti nei bambini abusati con tale costanza.
Dobbiamo fare emergere la voce di questi bambini, a volte inascoltati anche da chi dovrebbe ascoltarli, giudici, servizi sociali, consulenti dei giudici, che quasi sempre ascoltano ai fini di giustizia e dei diritti degli adulti ma in cui il diritto del minore alla salute emotiva, di fatto, spesso fa solo da sfondo.
Non ci conformeremo a quei colleghi che, timorosi di essere contestati, specie nelle CTU, hanno mitigato la diagnosi di PAS in “alienazione parentale”; cambiargli nome esprime timidezza e una dipendenza da chi, negazionista dei fatti clinici, si attesta a contestarla nel nome; è possibile chiamarla come si vuole, basta che non si neghino i danni che questi bambini ricavano da queste situazioni.
E’ necessario denunciare quanto alcune ottuse decisioni o l’incompetenza operativa realizzino un’ulteriore “massacro” istituzionale che si somma a quello genitoriale.”I figli nelle separazioni conflittuali e nella (cosiddetta) PAS (Sindrome di Alienazione Parentale) – Franco Angeli Ed, 2016
Per molti anni il problema è stato complicato dal mancato riconoscimento da parte della comunità scientifica.
Dal punto di vista giuridico, l’alienazione parentale rappresenta la lesione di diritti riconosciuti dal nostro ordinamento giuridico: il diritto dei genitori a partecipare alla vita dei propri figli e, in primis, il diritto del bambino a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascun genitore.
Dal punto di vista socio-sanitario, oggetto di discussione è stata proprio l’esistenza della cosiddetta sindrome di alienazione genitoriale, così come definita da Gardner, e la mancanza dell’inserimento di tale sindrome nel DSM – Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Era stato proposto al working committee del DSM-5 di inserire la categoria della Parental Alienation, ma la proposta di Bernet non fu accolta nel DSM-5, in quanto l’esclusione e l’alienazione di un genitore non corrisponde ad una “sindrome” né ad un “disturbo” psichico individuale definito, né la sua individuazione coincide con un processo psicodiagnostico. Essa si qualifica piuttosto come un disturbo della relazione tra più soggetti, ovvero in un disfunzionamento familiare al quale contribuiscono il genitore escludente, o “alienante”, quello escluso, o “alienato” e il figlio/la figlia, ciascuno con le proprie responsabilità e con il proprio contributo che può variare di caso in caso. Spesso al conflitto prendono più o meno attivamente parte anche le famiglie di origine dell’uno e dell’altro genitore.
Ora è un fenomeno paradossalmente assodato
La Riforma Cartabia, intervenuta col Decreto Legislativo n. 149/2022, ha introdotto un rito unico per i processi in materia di famiglia sganciandolo così dal processo di cognizione ordinario e creando un procedimento quasi ad hoc che mette al centro del suo interesse i minori e la loro tutela a tutto tondo. Nel momento in cui un genitore si accorga di comportamenti assimilabili all’alienazione parentale, il giudice di merito, nella fase istruttoria, dovrà accertare la veridicità del fatto e adottare i provvedimenti conseguenti in modo da tutelare il diritto alla bigenitorialità e la crescita armoniosa e serena del figlio. Il giudice, in tal caso, può nominare un curatore speciale, adottare i provvedimenti idonei e disporre dei mezzi di prova previsti dal codice civile.
Da questo momento, comunità scientifica italiana ha rinnovato il proprio interesse per il tema, non solo accettandone l’esistenza, ma illustrando dinamiche e dando il là a formazioni professionali ad hoc.
Nei prossimi articoli illustreremo, nello specifico, come viene affrontata l’alienazione dai genitori e dai figli, e quali sono gli interventi possibili per il suo superamento.