“Curiosità” deriva da “cura”: è essere interessati a conoscere qualcosa o qualcuno per prendersene cura. In questo senso etimologico del termine, la “curiosità” è quindi un atteggiamento fondamentale di tutte quelle professioni che richiedono una profonda attenzione e ascolto. Caratterizzate dunque dall’urgenza di comprendere, di avere “cura” di ciò o di chi si vuole comprendere.
La “curiosità” è anche in questi casi ciò che motiva il bisogno di informarsi per formarsi un’opinione indipendente, ed evitare così di cadere in preconcetti e stereotipi.
Ho menzionato questo concetto di “curiosità”, perché credo possa essere un buon punto di partenza per guardare in modo fecondo al fenomeno delle famiglie omogenitoriali e al tema del supporto professionale alla separazione nei casi di coppie omogenitoriali.
Alcuni spunti di riflessione
Alla vigilia del webinar/Tavola Rotonda organizzato da Studio T.d.L. per venerdì 20 Novembre 2020, a cui parteciperò come interlocutrice della Dott.ssa Buzzi rispetto alla mia esperienza nel lavoro di mediazione familiare e di counseling con coppie omogenitoriali (che affrontino una crisi di coppia e/o la necessità di trovare soluzioni condivise per la riorganizzazione della propria famiglia a seguito della decisione di separarsi), vorrei condividere alcuni spunti di riflessione, che partono proprio da questa idea buona di “curiosità”.
Le famiglie omogenitoriali esistono e costituiscono un fenomeno di cui ormai, anche in Italia, ci capita di fare esperienza nella nostra vita, sociale e personale. Una realtà familiare fondata su un progetto di coppia in cui due persone omosessuali si autorizzano nel darsi legittimità genitoriale e nel chiedere alla società di essere in tal senso legittimate e riconosciute. Tendenzialmente, la società fatta delle persone che queste famiglie concretamente le incontrano e le conoscono, risponde, riconosce, legittima ruolo e compito genitoriale.
E tuttavia, questa esperienza vivida e reale delle coppie omosessuali con figli, delle famiglie in cui i genitori sono due mamme o due papà, sembra poi divenire evanescente nel momento in cui le coppie omogenitoriali entrano in crisi e varcano la soglia della separazione. Da quel momento, queste famiglie sembrano uscire dall’orizzonte possibile della nostra esperienza.
Nel complesso, sono poche attualmente, in Italia, le situazioni di coppie omogenitoriali che intraprendono un percorso di separazione regolata dalla mediazione familiare
Al contempo, sono molti i professionisti che si dimostrano interessati al tema e “curiosi” rispetto alle famiglie omogenitoriali che si separano. Una curiosità, di nuovo, che è attenzione e disposizione al comprendere e al prendersi cura di qualcosa e di qualcuno che, nella crisi familiare, sembra essere sparito di scena.
Credo che allora possa essere interessante partire da qui: da questa sproporzione. Ossia, tra ciò che sempre più si manifesta come realtà familiare a cui corrisponde un urgenza, da parte di chi tale realtà la incontra, di rispondere in maniera corretta e coerente, soprattutto rispetto ai figli, e ciò che poi, ad un tratto, sembra non esserci più. Non perché di fatto non esista più ma perché assume una fisionomia che smette di essere visibile e intellegibile.
A mio avviso, l’afasia del diritto positivo su questo tema è complice di questo fenomeno
L’assenza di una procedura giuridica positivamente normata, capace di dare legittimità e riconoscimento indipendentemente dalla capacità dei singoli di autorizzarsi in tal senso, sembra poter comportare, nel momento della separazione, lo svanire di una realtà preesistente. Quella di una coppia omogenitoriale consapevole, rispetto alla scelta di diventare famiglia, della necessità di mostrarsi e apparire, di darsi alla nostra esperienza.
La fragilità, il senso di fallimento e di vergogna che spesso caratterizzano il vissuto di qualunque coppia che si lascia, portano inevitabilmente ad un momento di introflessione, bisogno di non esposizione. Vi può essere dunque una profonda fatica per le coppie omogenitoriali che affrontano la propria separazione nel mantenere questa necessità di manifestarsi come famiglia quale unica possibile via per “esistere” socialmente, posto che le vie istituzionali che autonomamente la riconoscono, la famiglia, in questo caso non sono date.
Il punto cruciale è allora provare a riportare a emersione questo fenomeno e mettersi a ragionare su questa sproporzione di realtà e irrealtà. È importante fare questo soprattutto nella prospettiva di offrire un’occasione di confronto tra professionisti di ambiti diversi. Del resto non mancano i professionisti che fanno quotidianamente esperienza del fenomeno delle famiglie omogenitoriali, avendo in particolare a che fare con i figli di queste famiglie: insegnanti, pediatri, allenatori, psicoterapeuti. Le descrizioni delle loro esperienze possono restituire visibilità e umana concretezza alle famiglie omogenitoriali.
Aiutarci a tenere vivo e a fuoco il fenomeno, anche quando esso rischia di occultarsi nell’oscurità di un diritto positivo che arranca nel renderne conto e restituirne il senso. Un diritto che è poco curioso, potremmo dire, e che però non ha scoraggiato la curiosità di alcuni professionisti del diritto, come le avvocate e gli avvocati, le mediatrici e i mediatori familiari che parteciperanno venerdì al nostro incontro.