I bambini hanno un vero e proprio diritto di essere ascoltati.
A stabilirlo sono, a livello internazionale, la Convenzione di New York all’art. 12 e la Convenzione di Strasburgo all’art. 6, nonché, a livello nazionale, gli artt. 315 bis, 336 bis e 337 octies c.c., a cui si aggiunge oggi il punto 4 della Carta dei diritti dei figli nella separazione dei genitori.
In base a tale normativa il fanciullo che abbia compiuto i 12 anni o anche di età inferiore se capace di discernimento e quindi di comprendere, elaborare concetti e opinioni, secondo la propria età e la propria maturità, va ascoltato in tutte le questioni e procedure che lo riguardano, salvo i casi in cui la sua audizione sia contraria al suo interesse (ad es. se il bambino si rifiuta o assume comportamenti che mostrano il suo stato emotivo turbato o fragile) oppure manifestamente superflua (ad es. se il minore ha già espresso il suo pensiero in modo chiaro e inequivocabile, la questione su cui deve essere ascoltato non lo coinvolge direttamente oppure i genitori sono già d’accordo).
Ogni volta che un giudice decide di non ascoltare il minore deve specificare le ragioni che lo hanno portato a compiere questa scelta.
Diritti a parte, ogni bambino ha, in realtà, il bisogno innato di essere ascoltato, in modo autentico, con attenzione e con il cuore aperto, in primis dai propri genitori.
Sempre. Ovunque.
L’ascolto empatico attivo permette, da un lato, al bambino di sentire di esserci per l’altro e, quindi, accolto, vivo, e, dall’altro lato, al genitore di rispondere in maniera adeguata e tempestiva alle di lui/lei reali esigenze, concorrendo, frattempo, a infondergli/le gioia, sicurezza di sé e autostima.
Tale forma di ascolto è di vitale importanza soprattutto in un momento così delicato come quello che molti bambini stanno vivendo ora, dopo il forzoso lockdown che li ha costretti in casa, avendo la pandemia comportato, tra l’altro, l’inevitabile chiusura prolungata di servizi educativi e scuole, con conseguente mancanza di tempi adeguati di socializzazione.
I bambini, infatti, possono rispondere a situazioni difficili o preoccupanti in diversi modi.
Solo comprendendone ed accogliendone i vissuti, anche come manifestazioni di ansie e disagi, si può comprendere se e come essere loro realmente di aiuto, di supporto e conforto.
La mediazione familiare secondo il modello ESBI
Può aiutare i genitori anche in questo: a dare un nome ai bisogni dei figli, anche a quelli offuscati da emozioni o agiti apparentemente incomprensibili, per poi capire come soddisfarli insieme.
Non a caso, gli esperti in materia invitano spesso i genitori a fare questo piccolo esperimento per trovare il giusto spirito con cui porsi se vogliono ascoltare i loro figli: scegliete un luogo, anche uno che siete abituati a vedere sempre, stendetevi a terra, chiudete gli occhi, riapriteli e scrutatevi intorno.
Vi accorgere immancabilmente di cose mai notate prima o di dettagli nuovi.
Il mio invito è di provare!