Nelle relazioni di coppia spesso si instaurano rapporti di potere che portano i partners ad affrontare vere e proprie guerre di supremazia che hanno, come unico risultato, rendere la relazione faticosa e spesso insopportabile.
Indipendentemente da chi sia il vincitore, il risultato è sempre lo stesso: la relazione ne esce indebolita.
La grande maggioranza delle persone che arrivano alla scelta dolorosissima della separazione, lo fa perché la relazione di coppia è diventata fonte di continua infelicità, un incancrenirsi di situazioni conflittuali senza via d’uscita.
Marshall Rosenberg, psicologo statunitense ed ideatore della comunicazione non violenta, invitava le persone, coinvolte in un conflitto relazionale, a porsi la semplice domanda: preferisci aver ragione o essere felice?
Quando entriamo in un conflitto, tendiamo a fissarci su delle prese di posizione da cui difficilmente riusciamo a spostarci, perché non siamo in grado di vedere i bisogni ed accogliere le emozioni del nostro partner: tutte le nostre energie e i nostri sforzi sono impegnati nel tentativo di vincere la guerra.
Ruben Alves, psicologo ed educatore brasiliano, diceva che esistono due tipi di relazione di coppia: le relazioni tipo “tennis” e le relazioni tipo “racchettoni da spiaggia”.
Il tennis è un gioco feroce, di grande competitività, in cui l’obiettivo finale è quello di sconfiggere l’altro, che è, appunto, l’avversario. La partita finisce quando uno dei due vince e l’altro inesorabilmente perde. Il pareggio non può esistere, ci vuole un vincitore. E il bravo giocatore è proprio quello che studia e conosce i punti deboli del suo avversario e li sfrutta per fare il punto, spingere la palla proprio là dove l’altro non riuscirà a prenderla. La patita di tennis vede sempre, alla fine, la gioia di uno e la tristezza dell’altro.
Quello dei racchettoni da spiaggia invece è un gioco che per molti versi è simile al tennis: anche questo ci sono due giocatori, due racchette ed una pallina, ma la grande differenza è che o entrambi si perde o entrambi si vince, perché l’obiettivo è condiviso, quello cioè di continuare a giocare e non fare cadere la palla. L’altro non è il mio avversario, ma il mio compagno e se conosco i suoi punti deboli cercherò di evitarli, per fare in modo che il gioco continui al meglio. Se ricevo una pallina storta so già che l’altro non l’ha fatto apposta e cercherò di correggere l’errore per far riprendere il gioco. Il risultato sarà frutto degli sforzi di entrambi e saranno sforzi piacevoli, in un’atmosfera di collaborazione reciproca.
La mediazione familiare ha come finalità quella di salvare i rapporti tra le parti, trasformando le relazioni da gioco di tennis a gioco di racchettoni, individuando un obiettivo comune e creando un clima di collaborazione e fiducia.