Quanto costa una separazione o un divorzio? In termini emotivi, oltre che economici.
Quanti anni ci vorranno per saldare ogni partita aperta e chiudere definitivamente la “pratica”?
Non esiste un tariffario, né in euro, né in numero di capelli bianchi o di maggiori pulsazioni cardiache al minuto, né di intensità della paura del domani e di robustezza delle catene che tengono legati al passato. Anche la linea immaginaria del tempo necessario per elaborare la perdita, il lutto per la fine del proprio progetto familiare, non circoscrive con certezza un perimetro temporale oltre il quale il passato cessa di essere troppo invasivo e lo sguardo si rivolge con maggiore intensità al futuro.
Proprio mentre la coppia ha la necessità di “sciogliere” grumi di un passato diverso dall’immaginato, essa è chiamata impietosamente a programmare quella fetta di futuro che spessissimo, specie se ha figli, la manterrà legata. Questa programmazione si declina in gran parte in termini economici, che sono poi il risultato della conversione in moneta corrente non solo dell’equa ripartizione di risorse e del dovere di mantenimento dei figli, ma anche di ogni torto che si pensa di aver subito e della rivalsa di cui si crede di avere diritto.
In questo scenario intriso di emotività, decidere lucidamente degli aspetti economici può risultare molto difficile e per questo l’opera di consulenti preparati è assai preziosa, sia che si parli di patti di separazione, quindi dal carattere temporaneo, sia che si parli di patti di divorzio con il sipario che cala definitivamente sul matrimonio e i suoi effetti. Ogni pattuizione, infatti, può produrre effetti diversi dal punto di vista tributario in capo a chi eroga le somme e in capo a chi le riceve.
Se è noto che l’assegno di mantenimento per i figli è fiscalmente irrilevante, cioè non genera benefici per il genitore pagante, diverso può essere l’impatto nel caso l’assegno abbia l’ex coniuge come intestatario.
Gli accordi che si possono raggiungere in questo ambito sono di due tipi:
- il coniuge economicamente più “forte” liquida in una sola volta quello più debole
- il coniuge economicamente più “forte” versa periodicamente un assegno di mantenimento a quello più debole.
Nel primo caso l’operazione non comporterà alcun vantaggio fiscale per chi versa, né obblighi per chi riceve. Nel secondo caso, invece, parliamo di un’operazione che genera effetti nelle dichiarazioni dei redditi di entrambi.
Vediamo, innanzi tutto, quali sono le caratteristiche necessarie che deve possedere l’assegno di mantenimento per determinarne la propria rilevanza tributaria:
- deve essere la conseguenza di separazione dei coniugi, di annullamento o scioglimento del matrimonio, o di altro provvedimento di cessazione degli effetti civili del matrimonio;
- il beneficiario dell’assegno deve essere l’ex coniuge (in presenza di figli, qualora non sia precisato quanto destinato a questi ultimi e quanto al genitore, si presume la suddivisione al 50%, indipendentemente dal numero di figli);
- l’importo deve essere stabilito dal giudice (compreso l’aggiornamento Istat), anche mediante omologa dei patti consensuali di separazione o divorzio;
- deve essere versato periodicamente.
In presenza di tutti questi elementi, ci troviamo di fronte al seguente scenario:
- il coniuge destinatario dell’assegno di mantenimento beneficia, a tutti gli effetti, di un vero e proprio “reddito” che, pertanto, andrà indicato nella dichiarazione dei redditi e tassato di conseguenza;
- il coniuge pagante “dedurrà” dai propri redditi l’assegno periodico di mantenimento, e calcolerà le imposte sulla differenza.
In sostanza, tutto il reddito del soggetto pagante viene comunque assoggettato ad imposte ma suddiviso tra entrambi gli ex coniugi in relazione alle somme corrisposte da uno a favore dell’altro.
Tecnicamente questo avviene attraverso la classificazione dell’assegno di mantenimento quale onere deducibile dalla base imponibile Irpef. Con questa definizione si identifica una spese sostenuta dal contribuente che legittimamente va a ridurre la base imponibile per il calcolo dell’Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche.
Ad esempio:
CONIUGE PAGANTE
Reddito complessivo dell’anno 80.000
Oneri deducibili:
- contributi pensionistici 000
- assegno mantenimento 000
totale oneri deducibili 17.000-
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Reddito Imponibile Irpef 63.000
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CONIUGE BENEFICIARIO
Redditi dell’anno
- da lavoro dipendente 000
- assegno di mantenimento 000
Reddito imponibile Irpef 27.000
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Va detto che è compreso nell’assegno di mantenimento anche il cosiddetto “contributo casa”, cioè l’importo destinati al pagamento del canone di locazione e delle eventuali spese di condominio.
Il proliferare di regimi di tassazione particolari a favore dei soggetti con Partita Iva (titolari di imprese o di lavoro autonomo) cambia a volte lo scenario fiscale del coniuge che in modo semplificato definiamo “forte”, introducendo così altri elementi di valutazione sulla convenienza di un accordo di separazione/divorzio.
Infatti, i titolari di partita iva che aderiscono ai regimi agevolati scontano la cosiddetta “imposta sostitutiva” dell’Irpef che è, appunto, agevolata rispetto all’Irpef stessa. Tuttavia questa scelta esclude i redditi dall’applicazione dell’Irpef e, conseguentemente, dalla deduzione degli “oneri deducibili” quali l’assegno di mantenimento all’ex coniuge.
ESEMPIO
Reddito di lavoro autonomo in regime ordinario € 30.000
- oneri deducibili:
assegno mantenimento coniuge € 6.000
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Reddito imponibile IRPEF € 24.000
IRPEF € 5.880
Reddito di lavoro autonomo in regime forfettario € 30.000
Imposta sostitutiva 15% € 4.500
Significa che a fronte dell’applicazione di un’imposta “piatta” (flat tax) come l’imposta sostitutiva, ciò che continua ad essere reddito per il coniuge beneficiario non è più una fonte di riduzione dell’imponibile del soggetto erogante.
La fattispecie appena descritta, che coinvolgeva fino a pochi anni fa una platea limitata di soggetti, dall’anno 2018 ha riguardato tutti quegli imprenditori individuali e lavoratori autonomi il cui fatturato non ha superato i 65.000 euro, fascia in cui si colloca un’altissima percentuale di operatori commerciali. Nel futuro prossimo è molto probabile che il limite di ricavi verrà portato a € 100.000, escludendo dal beneficio della deducibilità fiscale un’altra importante fetta di contribuenti.
In conclusione possiamo dire che, oltre alle 4 caratteristiche oggettive che l’assegno all’ex coniuge deve possedere per essere considerato “onere deducibile”, è necessaria anche una caratteristica soggettiva e cioè che il soggetto erogante sia assoggettato ad Irpef.
L’elemento che merita una riflessione da parte degli addetti ai lavori è se l’impossibilità di deduzione dell’assegno di mantenimento per i soggetti rientranti nei regimi forfettari è discriminatoria rispetto a chi applica la tassazione ordinaria e, conseguentemente, come porre rimedio.