La Sindrome da Alienazione Genitoriale (PAS – Parental Alienation Syndrome) viene conosciuta in Italia solo a partire dal 1985.
Tuttavia, resta sconosciuto fino al volume di Gulotta e Santi: Separazione, divorzio e affidamento dei figli del 1997, che pubblica un contributo di Isabella Buzzi.
Si intende definire con questo termine le conseguenze psicologiche e affettive derivanti dalla scelta di alienare da sè uno dei propri genitori, a causa sia dell’intensa conflittualità genitoriale che di quanto viene messo in atto dal genitore convivente con i figli.
Quest’ultimo agisce infatti quelle che ritiene essere forme di “protezione” del figlio dall’altro genitore, visto come negativo, malato, pericoloso, ecc.
La cosa viene complicata dal fatto che figlio e genitore alienato non si vedranno più nè si parleranno più, di conseguenza mancherà un qualsiasi raffronto con la realtà. Il figlio resterà con l’immagine fantasma del genitore “negativo” dentro di sè.
La prima definizione di PAS si deve allo psicologo forense americano Richard Gardner.
Con essa veniva indicato il comportamento particolarmente disturbato di uno o più figli nel contesto del conflitto intergenitoriale.
Guglielmo Gulotta (1998) la definisce come:
“…il comportamento di uno o più figli che nel contesto del conflitto intergenitoriale diventa ipercritico e denigratore nei confronti di uno dei genitori perchè l’altro lo ha influenzato in questo senso indottrinandolo adeguatamente…”.
Altri autori parlano di “bambini programmati” o di bambini ai quail è stato effettuato un “lavaggio del cervello” (brainwashing).
Occorre considerare il fenomeno nella sua complessità. Il genitore convivente non è consapevole di programmare il figlio, nè lo fa con l’intenzione di causare danni ai figli. L’intenzione del genitore convivente è quella di cementare il legame dei figli a sè e di eliminare dalla vita dei figli un genitore che, in quanto partner ha procurato loro molta sofferenza.
La sindrome da alienazione genitoriale insorge essenzialmente nel contesto delle controversie legali per l’affidamento dei figli.
Questo perché il figlio non allontana da sé un genitore per motivazioni personali. Aveva un rapporto positivo con quel genitore fino alla separazione dei genitori.
La separazione molto conflittuale dei genitori, con azioni riprovevoli di quel genitore, fanno sì che il figlio e il genitore convivente colludano nella scelta di allontanare il genitore “colpevole”, quello di cui ci si vergogna.
In passato, l’espressione PAS è stata erroneamente utilizzata per far riferimento all’animosità del bambino contro il genitore che gli ha usato violenza (fisica, sessuale ed emozionale), specie reiteratamente. Non è affatto così.
Nei 25 anni di esperienza sulla PAS, il nostro Studio suggerisce non la demonizzazione del genitore programmante ma la sua accoglienza, perché le sue paure possano essere accolte e perché possa superarle aumentando la sua sicurezza di vedere il figlio al sicuro. Il rafforzamento del genitore alienato nella sua autostima, perché è terribile venire rifiutati dal proprio figlio. L’accompagnamento del figlio nella difficile opera di mettere insieme i pezzi della sua vita, del proprio essere figlio di due persone che si distruggono reciprocamente davanti ai suoi occhi, anche dopo anni dalla separazione.
L’espressione PAS si può usare solo quando il genitore-bersaglio non ha evidenziato nessun atteggiamento prossimo al grado di comportamento alienante che potrebbe giustificare la campagna di denigrazione messa in atto dal bambino.
La principale manifestazione della PAS è, dunque, la campagna di denigrazione – attuata senza giustificazione – da parte del bambino nei confronti di un genitore.
Essa deriva dalla combinazione di due fattori:
- indottrinamento da parte di uno dei genitori che programma (c.d. genitore-programmante) con un vero e proprio “lavaggio del cervello”
- contributo personale del figlio alla denigrazione del genitore-obiettivo della predetta denigrazione (c.d. genitore–bersaglio o alienato).
In presenza di abusi veri o di abbandono da parte di un genitore, tale animosità può essere giustificata. È in questi casi che non è possibile utilizzare la PAS come spiegazione ai comportamenti aggressivi del bambino.
I genitori-programmanti, accusati di provocare la PAS nei loro figli, qualche volta sostengono che la campagna di denigrazione da parte dei figli è giustificata. Essi, infatti, dichiarano la presenza di un’autentica violenza e/o negligenza da parte del genitore denigrato.
Altresì, sostengono che l’accusa da parte del genitore-bersaglio che il genitore-programmatore induca la PAS, sia una copertura. Una manovra diversiva utilizzata dal genitore-denigrato nel tentativo di voler insabbiare le violenze e/o la negligenza che hanno giustificato l’astio del bambino.
Quando si verificano tali accuse incrociate (cioè autentica violenza e/o negligenza contro autentica PAS) è necessario che l’esaminatore conduca una ricerca dettagliata per controllare a quale categoria appartengano le accuse del bambino: autentica PAS o autentica violenza e/o negligenza.
In alcune situazioni questa differenziazione può non essere facile. Specie quando vi è stata della violenza e/o negligenza e la PAS è stata sovrapposta con la conseguenza di una disapprovazione superiore a quella giustificata dalla situazione.
Per questo motivo è spesso cruciale un’indagine attenta per fare una diagnosi esatta.
Colloqui congiunti con tutte le parti in causa e in tutte le combinazioni possibili di solito aiutano a scoprire la verità in situazioni del genere.
Condizioni
La PAS si sviluppa in presenza di determinate costanti:
- separazione “drammatica” dei genitori con evento biasimevole o socialmente scorretto da parte del genitore che non vivrà più con i figli;
- tecniche/modalità per produrla;
- motivazioni dei genitori per attuarla;
- caratteristiche dei bambini “plasmabili” (età/grado di sviluppo dei figli e loro conseguente fragilità psicologica).
I sintomi hanno in comune il distacco del figlio dal genitore non convivente e presentano diversi livelli di gravità.
Sintomi ed effetti
La PAS è caratterizzata da un gruppo di sintomi che di solito appaiono nel bambino congiuntamente. Specialmente nei casi di media e grave entità.
Per definizione medica, una sindrome è un gruppo di sintomi che si presentano insieme e che caratterizzano un disturbo specifico. I sintomi, per quanto apparentemente disparati, possono essere raggruppati in una eziologia comune o una causa basilare sottostante.
Nel caso della PAS si osserva:
- una campagna di denigrazione del genitore bersaglio e quanto lo circonda
- razionalizzazioni deboli, assurde o futili per spiegare la denigrazione
- mancanza d’ambivalenza
- il fenomeno del “pensatore indipendente”
- sostegno al genitore programmante nel conflitto parentale
- assenza di senso di colpa riguardo alla crudeltà verso il genitore-bersaglio e alla sua utilizzazione nel conflitto legale
- presenza di sceneggiature prese a prestito
- allargamento dell’animosità verso gli amici e/o la famiglia estesa del genitore alienato.
Tecniche e modalità
La PAS viene programmata e mantenuta dal genitore affidatario. Questi attua una serie di tecniche rivolte a demolire l’immagine dell’altro genitore-bersaglio, allo scopo di distruggere la relazione tra quest’ultimo e il figlio.
Le strategie d’indottrinamento possono essere dirette o indirette.
Le prime (dirette) sono facilmente rinvenibili nei comportamenti di quei ragazzi che ripetono le opinioni del genitore programmatore.
Le seconde (indirette) consistono nel far leva sulle emozioni del bambino e sul suo senso di lealtà. Esse incidono subdolamente sul comportamento e sull’opinione dei figli.
La programmazione è sistematica e consta di cinque fasi consequenziali:
- guadagnare l’accondiscendenza (il bambino e il genitore ammettono insieme che l’altro genitore si è comportato male)
- testare la lealtà (attraverso domande dirette: sono un buon genitore?)
- misurare la lealtà (io e te siamo alleati)
- generalizzare ed espandere il programma (coinvolgere persone che si sono alleate con l’altro genitore)
- mantenere il programma (nelle modalità e nella tempistica).
Le tecniche di lavaggio del cervello sono, fra le altre:
- la negazione dell’esistenza psicosociale del genitore bersaglio (non parlare mai del coniuge, non farlo vedere al figlio, eliminare le foto da casa)
- l’omissione della critica verso il genitore bersaglio (attaccare ripetutamente l’altro genitore davanti al figlio, attribuendogli la fonte della critica)
- la distruzione dell’immagine del genitore bersaglio (parlare solo in modo negativo dell’altro genitore)
- il figlio in posizione di giudice
- la manipolazione della situazione (dare false informazioni al coniuge sul figlio per creare conflitti, fraintendimenti etc.)
- la disapprovazione nei confronti dell’altro attraverso la malattia
- il sottolineare e rimarcare le differenze (evidenziare le differenze tra di loro)
- l’induzione ad allearsi
- la creazione di alleanze con persone frequentate dal figlio (amici, insegnanti etc.)
- la drammatizzazione degli eventi
- l’induzione del senso di colpa, del dubbio, della paura (convincere il figlio che se farà certe cose significa che non vuole bene al genitore programmatore; far credere al figlio che l’amore dell’altro genitore è falso, dire al figlio che i contatti con l’altro genitore sono pericolosi)
- la minaccia di abbandonare il figlio/diminuire l’affetto in caso di riavvicinamento con l’altro genitore
- il far cadere dall’alto il proprio amore, le proprie azioni positive
- il sottolineare costantemente di essere il genitore migliore
- la manipolazione della storia familiare, con una ricostruzione dei fatti distorta e non veritiera
- mistificare e manipolare i sentimenti del figlio
- educazione punizione e ricompensa
- continuo uso della “promessa”
- doppio legame (comunicare in modo contraddittorio per rendere il figlio suggestionabile all’indottrinamento).
Le motivazioni dei genitori programmatori, che si scatenano dopo l’evento critico, spesso sono dovute al desiderio di:
- ottenere l’affidamento esclusivo del figlio,;
- vendicarsi contro il partner portandogli via l’affetto del figlio;
- ottenere condizioni economiche più favorevoli;
- “proteggere” il figlio dall’altro genitore, ritenuto inaffidabile;
oppure:
- convinzione di essere il genitore più adatto, di aver “dato di più” al figlio;
- gelosia per la nuova situazione del partner
- paura di perdere l’affetto del figlio
- desiderio di staccarsi emotivamente dall’altro
- volontà di mantenere la relazione con l’altro genitore attraverso il conflitto dell’altro col figlio
- desiderio di controllo e/o potere.
Effetti
Un genitore che inculca la PAS in un bambino commette una forma di violenza emozionale. La “programmazione” può produrre nel bambino non solo un’alienazione permanente da un genitore affettuoso, ma anche turbe psichiatriche.
Un genitore che programma sistematicamente un bambino, per spingerlo ad una condizione di continua denigrazione e rifiuto di un genitore affettuoso e devoto, rivela un totale disprezzo per il ruolo che il genitore alienato ha nell’educazione e nella corretta crescita affettiva del bambino.
Il genitore-programmatore determina la rottura di un legame psicologico che potrebbe rivelarsi di grande importanza per il bambino, nonostante la separazione o il divorzio dei genitori.
Chi esibisce un comportamento alienante rivela un grave deficit nel suo ruolo genitoriale. Deficit che dovrebbe essere preso in seria considerazione dal tribunale in sede di affidamento.
Come la violenza fisica e/o sessuale è prontamente considerata dal tribunale motivo per assegnare la custodia al genitore che non ha commesso violenza, così dovrebbe essere per la violenza emozionale. Pur essendo la medesima molto più difficile da giudicare obbiettivamente, soprattutto, per il fatto che molte forme di violenza emozionale sono sottili e difficili da verificare in tribunale.
I figli vivono la situazione in maniera ambivalente: provano rabbia e impotenza verso chi se n’è andato e nei confronti di chi è rimasto.
Se sono piccoli utilizzano meccanismi di rimozione o spostamento verso oggetti transazionali. I più grandi sentono la necessità di colpevolizzarsi o di colpevolizzare qualcuno dell’accaduto: spesso, il genitore che se n’è andato di casa. Biasimano entrambi, si chiudono in se stessi e comunicano poco, cadono in depressione.
I figli più fragili, con scarsa autostima autonomia, assertività e sviluppo affettivo e morale poco sviluppato, sono plasmabili facilmente.
La PAS attecchisce più facilmente nei ragazzi di età compresa fra i 7-8 e i 18-20 anni. Soprattutto se si tratta di bambini/ragazzi psicologicamente ed emotivamente fragili ed indifesi, predisposti alla dipendenza e influenzabili. I bambini di età inferiore ai 7-8 anni non hanno capacità cognitive sufficienti per capire e schierarsi, non hanno sviluppato il senso morale e non sono in grado di giudicare.
Gli effetti della PAS sui figli possono essere a breve e lungo termine e dipendono da alcuni fattori specifici:
- severità del programma
- tipo di tecniche utilizzate
- intensità con cui viene portato avanti il programma
- l’età del figlio, la sua fase di sviluppo e le sue risorse personali
- la quantità di tempo trascorso nel conflitto coniugale.
In linea generale possono essere i seguenti:
- aggressività, mancanza di controllo e acting-out
- problemi scolastici
- paura immotivata del genitore bersaglio
- ostilità verso amici, e parenti collegati al genitore bersaglio
- confusione emotiva morale ed intellettiva
- disordini alimentari, del sonno, calo dell’attenzione e disturbi psicosomatici
- dipendenza emotiva
- problemi relazionali
- sindrome persecutoria
- amore fusionale totalizzante
- bassa autostima
- fobie
- regressioni
- eccesso di razionalizzazione
- depressione
- carattere manipolatorio/materialistico
- comportamenti autodistruttivi e/o ossessivo-compulsivi
- problemi sessuali e/o di identità di genere
- disturbi emotivi e/o d’identità
- narcisismo
- egocentrismo
- tossicodipendenza e alcoldipendenza
- sindromi di tipo psichiatrico (schizofrenia, psicosi paranoiche etc.)
- omosessualità (più frequente ma non esclusiva quando la madre programma il figlio maschio, conseguenze ben peggiori se la madre programma la figlia femmina).
In ogni caso, l’effetto della PAS, a prescindere che il genitore programmante ne sia più o meno consapevole, è sempre negativo.
I ragazzi alienati dovranno lottare con forti sensi di colpa, paure di abbandono e di perdita dell’amore del genitore programmante. Per uscirne, utilizzano spesso modalità autodistruttive, autocolpevolizzanti e autolesionistiche.
La PAS si esaurisce quando il genitore smette di programmare. Spesso, quando il rapporto con il figlio diventa insostenibile o quando il genitore stesso ha recuperato sufficiente autostima.
I disturbi a lungo termine sono frequenti se la programmazione dura anni.