Maria e Antonio sono una coppia sposata da 20 anni. Hanno rispettivamente 46 e 48 anni. Preside di una scuola elementare lei, idraulico lui. Genitori di due figli: Valentino, di 15 anni, e Silvio, di 9.
La coppia ha velocemente affrontato i temi legati ai figli, al denaro, alla casa coniugale e a tutte le questioni principali.
Sarebbe quindi un incontro finalizzato alla verifica della validità degli accordi presi sui vari argomenti.
Per tale motivo il mediatore chiede a entrambi – oltre ad alcuni dati formali per completare il verbale degli accordi raggiunti (dati anagrafici, residenza, occupazione ecc.) – conferma di tutti gli aspetti già trattati e definiti, perché possano finalmente, una volta trascritti in maniera formale, dare vita al loro accordo scritto finale.
Il quale, si ribadisce più volte durante la seduta, ha valore nel “qui e ora”. Come esito della migliore soluzione trovata dalla coppia per gestire la loro attuale situazione di separandi.
Considerando che la coppia ha accelerato molto il percorso di raggiungimento degli accordi, senza aver avuto modo di collaudarli almeno in parte, (tale accordo) sarà passibile di modifiche future.
Maria, infatti, non si capacitava della separazione e ne cercava ancora il “vero” motivo. Antonio restava fermo nel proposito di separarsi, nonostante i tentativi della moglie di farlo ricredere. Sembrava, allora, che lo scopo delle sedute precedenti fosse diventato: “separiamoci in fretta!”.
Il mediatore utilizzerà questa seduta per “bombardare l’accordo” di domande ipotetiche per verificare la convinzione sulle scelte operate, la comprensione delle conseguenze nel presente e nel futuro e mettere alla prova la stabilità dell’accordo con scenari ipotetici di impedimenti, imprevisti o difficoltà da superare.
Sottoponendo alle parti questa serie di domande è difatti possibile far emergere le tracce del conflitto residuo, rimasto latente fino al momento presente.
Maria appare subito tesa, irrequieta. Appena si siede, si agita, sembra incapace di trovare una posizione comoda sulla sedia, rivelando in tal modo il suo stato d’animo interiore. Poiché sembra rifiutarsi di accettare la separazione, si sente estremamente a disagio nella posizione di chi – malvolentieri – decide che è comunque meglio “trattare una buona resa piuttosto che andare avanti a combattere senza più uomini al fronte”!
L’incapacità di Maria di rassegnarsi alla volontà di Antonio di separarsi, davanti a tutti quegli accordi che sanciscono la fine dell’unione coniugale, trasparirà in maniera esplicita durante tutta la seduta.
Quando si alza per andare ad appendere la giacca all’esterno della stanza di mediazione (come se la presenza della giacca sullo schienale della sedia fosse la causa della sua irrequietezza!) il mediatore ne approfitta per rivolgere la parola a Antonio – fino a quel momento silenzioso, deciso, granitico.
Cercando di fare breccia nel “muro” che ha eretto a protezione degli “attacchi” della moglie, porge domande di gentile e attenta circostanza (si complimenta e gli chiede notizie della sua abbronzatura), dando ad Antonio così la possibilità di rilassarsi e di “respirare” parlando di sé stesso in un contesto “leggero”.
Appena Maria fa ritorno Antonio alza nuovamente la guardia, sapendo che “deve” rimanere determinato e concentrato, perché Maria ha diversi argomenti “caldi” da sottoporre. Estrae dalla borsa un foglio e anticipa a entrambi gli interlocutori di avere una lista di questioni da trattare.
Il mediatore smorza l’ansia di entrambi chiedendo di poter cominciare prima a elencare i punti già discussi e decisi, quali l’affido dei figli (condiviso), la loro residenza, le scelte relative alle questioni medico-sanitarie, religiose ed educative per i loro figli e la futura frequentazione dei figli da parte di entrambe le famiglie d’origine.
Quest’ultimo argomento permette al mediatore di formulare la prima vera domanda critica.
“I ragazzi saranno anche accessibili da parte di eventuali futuri nuovi amici e/o compagni dei genitori?”.
Maria parte “in quarta” esprimendo la profonda convinzione che nessuno di loro due potrà coinvolgere i figli nelle proprie relazioni amicali e afferma:
“la legna fuori dal bosco!”.
Antonio tace a lungo ed esprime un timido gesto di assenso solamente a precisa domanda di Maria, che lo provoca sul punto, aggiungendo:
“Sai a cosa mi riferisco, vero…?”.
Antonio, che certamente sa a cosa Maria si riferisca, annuisce e si dice d’accordo.
La domanda è servita allo scopo. Maria si è sentita rassicurata da Antonio circa il fatto che non coinvolgerà i figli in eventuali future relazioni sentimentali. Le ha anche permesso di esprimere ancora una volta la sua difficoltà a comprendere e accettare la scelta di separarsi, per lei così dolorosa e incomprensibile. Dice al mediatore:
“fino a 10 minuti fa ho chiesto ad Antonio cosa ci è successo”
mostrando il suo irrinunciabile desiderio di ritornare uniti.
Maria è molto tesa: si tocca ripetutamente e nervosamente capelli e orecchie, lasciando in tal modo trasparire il suo profondo malessere.
Poiché Antonio non raccoglie la sua ennesima istanza di riunione coniugale, Maria esprime con grande assertività il proprio bisogno che Antonio sia davvero un padre presente con i figli. Più di quanto non faccia ora (per esempio occupandosi della scuola) per dividere con lui il carico di responsabilità di seguire ed educare i due figli. Antonio tace. Rimane immobile, impassibile alle continue richieste e accuse della moglie.
La mediatrice lo invita ad esprimersi sui suoi desideri personali in merito ai figli.
Segue una discussione accesa perché Antonio giustifica la propria assenza per motivi lavorativi. Maria si sente sminuita e ribadisce con forza che anche lei ha un lavoro e che quindi sono entrambi molto impegnati.
Il mediatore riformula quanto la coppia confusamente e impetuosamente cercava di evidenziare sull’importanza della professione di ciascuno di loro, anche economica, per tutta la famiglia, individuando un punto comune sulla questione. Ognuno di loro sarà giustificato a non presenziare ai colloqui o alle riunioni scolastiche dei figli quando dalla loro assenza dal luogo di lavoro potrebbero derivare penalizzazioni economiche. Altrimenti, saranno presenti entrambi.
Questa proposta trova accoglimento da ambo le parti, gli animi si acquietano e il clima si rilassa.
Il mediatore prosegue allora a testare l’accordo con altro argomento.
“La possibilità per i figli di andare all’estero con uno dei due genitori”. Questa domanda non produce attrito: entrambi si dichiarano disponibili a autorizzare il rilascio del passaporto.
Riguardo la possibilità di avere in futuro divergenze sull’educazione dei figli, Antonio si esprime, per la prima volta dall’inizio dell’incontro, in maniera chiara: non è disposto a rivolgersi ad alcun professionista. Si dichiarano, invece, entrambi disponibili a parlarne fino a trovare una soluzione comune.
Si arriva a questa risposta concorde, però, solo dopo un momento di forte commozione di Maria. Al commento del mediatore in merito alla loro bravura di genitori – fino ad oggi concordi nel cercare il meglio per i propri figli – tra le lacrime, riconosce che anche Antonio (oltre a lei!) è un bravo genitore e che il conflitto li riguarda solo come coppia.
Si dichiara certa che Antonio non cambierà idea in merito alla separazione:
“Mi ha detto che non prova più niente per me … è fin troppo sincero”,
ma altrettanto sicura che lui non ce la farà da solo
“è troppo dipendente da me …”.
Il mediatore, cogliendo il profondo disagio e la crescente irritazione di Antonio, riformula questa difficile confidenza, accogliendo il bisogno di Maria e traducendolo in una domanda circa la sua profonda conoscenza del marito.
Maria tace per un momento poi chiede ad Antonio di poter sapere sempre dove si troveranno i figli quando saranno con il papà. Poi, si spinge un poco più in là e pretende di sapere anche dove sarà Antonio, quando non avrà i figli con sé. Antonio esplode di rabbia:
“Andrò sotto i ponti!”
sentendosi invaso dalla strategia di controllo della moglie.
Maria lo accusa di poca chiarezza e sincerità e dice al mediatore che non è tanto lei, quanto il figlio a chiedere queste informazioni.
Per evitare che il conflitto sul punto si alimenti, il mediatore riporta a entrambi i due dati fondamentali emersi dalle loro concitate parole.
Da una parte il figlio ha bisogno di risposte chiare, univoche e possibilmente concordate da parte di entrambi. Dall’altra esprime il profondo desiderio di stare a dormire dal papà.
Tacciono entrambi. Segue poi un’animata discussione dalla quale emerge che nessuno dei due ha più, in realtà, la disponibilità di un appartamento. Antonio, essendo già uscito di casa, non ha la disponibilità economica per prenderne una sua in locazione. Per veder i figli chiede quindi “ospitalità” alla moglie. Maria continua ad accettare che il marito acceda all’appartamento a suo piacimento (nella vana speranza di riavvicinarsi a lui) dichiarandosi, però, costretta a uscirne perché non tollera la sua presenza:
“quando lo vedo sto male …”.
Emerge, da questo momento in poi, sempre di più il bisogno di appartenenza e amore di Maria e il bisogno di riconoscimento da parte di Antonio.
Lei ha ribadito che non è obbligatorio separarsi e che potrebbero fare un passo indietro, Antonio si è arrabbiato e le ha ribadito in modo molto diretto e inequivocabile che è finita.
Maria soffre molto nel frequentare Antonio per i figli e, avendo perso la speranza di fargli cambiare idea, diventa molto prescrittiva: vieta al marito di entrare in casa senza il suo consenso, impone di rispettare i giorni da trascorrere con i figli, ribadisce che a causa di Antonio non riesce più ad avere una sua vita privata.
Il mediatore raccoglie la collera di Maria, la quale alterna momenti di aggressività a momenti di pianto.
Riformula alla coppia che, anche se con parole diverse, entrambi vogliono la stessa cosa: smettere di soffrire. Ora sono di fronte al futuro e non al passato.
Restituisce il fatto che per Maria ci sia ancora un NOI, ma Antonio sembra già che parli di due IO. Entrambi richiedono più indipendenza e soprattutto Antonio nutre il bisogno di autonomia nelle decisioni che lo riguardano personalmente.
Il mediatore nelle diverse occasioni di litigio cerca sempre di riportarli al concreto, al loro futuro e a cercare di arrivare ad un accordo stabile e condiviso da entrambi.
Ancora una volta ognuno dei due pretende dall’altro di venire soddisfatto nelle proprie aspettative. Sono incapaci di esprimere i propri bisogni in modo sereno e, di conseguenza, anche di ascoltare i bisogni dell’altro.
L’intervento del mediatore blocca l’escalation di pretese reciproche con una semplice ma illuminante considerazione circa la ragione profonda della loro separazione.
Esprimono bisogni uguali ma in modo totalmente diverso, infatti per Maria è molto importante la forma, per Antonio la sostanza.
Il mediatore – accogliendo con ascolto empatico sia la rabbia e la delusione di lei che la determinazione e l’irremovibilità di lui – propone di provare a trovare insieme una soluzione comune. Chiede di passare dall’enunciazione di “ciò che non vogliono più” all’individuazione di che cosa vorrebbero per il loro futuro.
Il mediatore prova a tradurre con una riformulazione “la sostanza” di Antonio nella modalità comunicativa “formale” di Maria.
Antonio le sta chiedendo di fidarsi di lui, ci penserà lui a trovare una soluzione, a recuperare i soldi necessari per continuare a sostenere economicamente la propria famiglia e nel contempo assicurare una casa nuova per sé e per i ragazzi quando saranno con lui …
Il mediatore lascia finire di parlare Antonio poi riformula brevemente, riassumendo i suoi propositi.
Del resto, ricorda il mediatore a Maria, lei sa, perché lo ha precedentemente affermato, che Antonio è attento, generoso e affidabile nell’occuparsi del sostentamento della propria famiglia.
La tensione della fase precedente sembra magicamente sparita.
Sull’argomento economico si trovano perfettamente d’accordo. Il clima è totalmente cambiato e sembrano molto sereni.
Si confrontano in modo molto sereno sull’ipotesi migliore circa il pagamento del mutuo. Sono diventati molto generosi l’uno con l’altro. Antonio dichiara di non volere nulla da Maria, nessun oggetto della casa coniugale, e vuole suddividere al 50% il riscatto della propria assicurazione, anche se continuerà a pagare da solo le rate dopo la separazione. Maria insiste per dividere tutto in maniera equa, non volendo approfittare dell’occasione. S’intuisce anche che è Maria a gestire integralmente i soldi di Antonio, poiché detiene – su richiesta di Antonio – le carte di credito e il bancomat del conto intestato a lui.
La seduta finisce quindi in un clima di serenità e collaborazione. Fissano la data dell’incontro successivo in modo concorde.
Sembra che possano uscire dalla stanza di mediazione portandosi dietro quell’armonia faticosamente raggiunta. Ma all’ultimo minuto, in piedi sulla porta, durante il rito dei saluti, Maria non riesce a non esternare il suo vero bisogno: quello di rimanere insieme a Antonio, perché lo ama profondamente.
Intuendo che tale esternazione diretta avrebbe su Antonio l’effetto esattamente contrario (farlo fuggire via), Maria adotta una strategia, molto comune ma altrettanto inefficace: parlare a un terzo (il mediatore) per mandare un messaggio trasversale all’interessato (Antonio), attraverso l’esternazione di un presunto profondo bisogno di un altro soggetto ancora:
“Silvio chiede che il papà torni a casa…”.
Il mediatore le sorride, ma non raccoglie il suo tentativo di manipolazione, frutto della disperazione e dell’incapacità di accettazione della realtà. Antonio pur non vivendo con i figli cerca di fare del suo meglio per essere un buon padre. Appena può li chiama, li porta a mangiare la piazza, al cinema, segue le loro attività sportive e li accompagna agli appuntamenti extra-scolastici serali, se ne ha modo.