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Invece di farti giudicare …

Il conflitto di coppia che coinvolge altri familiari, primi tra tutti i figli, rappresenta un tema molto complesso, stancante e doloroso. Si trascina spesso attraverso vicissitudini personali e iter giuridici complessi e faticosi.

I giudici conoscono bene questo problema e cercano, quando è possibile, di conciliare le parti richiamandole all’interesse prevalente dei minori.

Molti di loro suggerisco o invitano le parti ad intraprendere un percorso di mediazione familiare.

La mediazione familiare viene svolta in un contesto ove non opera il logorio formale dell’iter processuale

Il mediatore familiare è una figura professionale ben diversa dalle tante che inevitabilmente vengono coinvolte nel conflitto coniugale, di coppia o familiare (avvocati – commercialisti – notai – giudici – psicologi – medici – servizi sociali…). 

Per entrare in un atteggiamento professionale del tutto unico, al mediatore viene richiesto un grande lavoro personale. Infatti, oltre all’applicazione di alcune tecniche (utilizzate anche da altre categorie professionali) occorre che egli abbia una visione del mondo a-giudiziale e comprensiva.

È in grado di leggere e capire chiaramente il conflitto, la relazione, la persona e i suoi valori, senza mai giudicare, prescrivere o consigliare.

Il mediatore familiare è colui che aiuta a risolvere vere situazioni conflittuali senza imporre valutazioni o sentenze, diagnosi o pareri

Riassumendo potremmo dire che il mediatore deve saper creare un clima di dialogo sincero e produttivo e per farlo deve conoscere:

  • la materia del contendere MA evitare di emettere diagnosi o sentenze
  • le tecniche di negoziazione MA adottarle solo per facilitare la negoziazione tra le parti
  • le norme vigenti MA solo per sapere se le parti stanno assumendo decisioni che possono essere rafforzate dal contesto legale o, al contrario, violano la legge 

Il mediatore familiare accetta l’assunto che ciò che più importa è conoscere che cosa sappiano i confliggenti e cosa vogliano in quella specifica situazione. Il suo ruolo principale è restare un “agente di realtà”. I suoi principi di base sono legati alla sua posizione di terzietà, intesa come:

  • neutralità in merito ai contenuti delle trattative
  • imparzialità rispetto alle posizioni delle parti
  • confidenzialità, ovvero segretezza sui contenuti che le parti discutono

La sua metodologia si fonda sull’utilizzo di un preciso susseguirsi di fasi consecutive e di precise tecniche operative. La sua etica è rivolta a preservare l’auto-determinazione delle parti.

Essere in conflitto con qualcuno spinge a riesaminare le proprie posizioni, a chiarire i propri bisogni e a sviluppare una maggiore capacità di concretizzare i propri valori e principi etici fondamentali, purché non si scelga di chiudere il dialogo e di dare inizio alla lotta ad personam

In mediazione occorre che le persone gestiscano direttamente il proprio conflitto, vivendolo più come un’occasione di cambiamento che come un attacco personale.  Saper “stare” nel conflitto significa saper stare nella relazione.

In quest’ottica, la premessa del mediare i conflitti in famiglia è quella di accogliere e conoscere le persone per aiutarle a trovare, volontariamente, il loro modo di affrontare il conflitto, rispettando i bisogni di tutti coloro che ne sono coinvolti. 

Il mediatore familiare ha il difficile compito di condurre le parti ad affrontare il conflitto creando uno spazio e un tempo speciali, costruiti attraverso la propria visione di “artista”.

Estratto dal lavoro di tesi di fine-corso di formazione alla mediazione familiare di Antonella Nardo, Giudice Onorario e “Conciliatore” presso il Tribunale di Milano, Sezione IX Civile, Famiglia

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