Solitamente ci si chiede come stiano i mediandi nel setting ideato e organizzato appositamente per loro, in maniera tale che si sentano fin da subito a proprio agio e accolti. Un po’ come a casa.
Raramente ci si domanda come si sente il Mediatore Familiare.
Vero è che ogni coppia è a sé e che ogni individuo porta la sua storia di vita, personale e familiare. Ognuno trasuda emozioni diverse. Peraltro sentite, percepite, espresse e accolte in modo differente, a seconda della propria intelligenza emotiva, riflesso della relazione con chi lo ha generato e cresciuto.
Altrettanto vero è, però, che il Mediatore Familiare ne diventa sempre fidato custode.
I mediandi non hanno idea del regalo che loro stessi fanno al Mediatore Familiare, concedendogli lo speciale onere di entrare, sempre con delicatezza e rispetto, nella loro intimità familiare. Nel loro mondo interiore, nella loro emotività, per poi essere aiutati a stare nel loro conflitto prima ancora che agirvi.
La vita di ogni persona è percorsa innanzitutto dal motore emotivo.
Non deve, quindi, meravigliare il fatto che gli stati interiori facciano da filo conduttore di ogni seduta, congiunta o individuale che sia. Dettano strategie e segnano andamento ed esito.
Ed è, quindi, proprio dall’ascolto empatico attivo e dalla incondizionata lettura di tale colonna sonora che si deve partire in mediazione familiare se si vuole che questo percorso di ristrutturazione dei legami familiari si riveli realmente quale efficace risorsa nella trasformazione di una famiglia in crisi da una condizione ad un’altra, ante e post cessazione del legame di coppia/coniugale (non genitoriale, che permane in eterno).
Transizione questa che, del resto, assai difficilmente avverrebbe se non emergessero quei sentimenti sottostanti (delusione, rabbia, paura, vendetta, etc.) che non permettono ai mediandi di rendersi conto e, dunque, di dire ciò di cui ciascuno ha realmente bisogno. Al di là del conflitto e delle strategie ivi adottate in un’ottica win-lose. In balìa di emozioni distruttive che impediscono di fatto di ascoltarsi a vicenda, mettendosi l’uno/a nei panni dell’altra/o, e “venirsi incontro” autenticamente.
Strumento indispensabile del Mediatore Familiare per restare emotivamente connesso con ciascun mediando e aiutarlo a diventare più consapevole delle proprie emozioni, anche di quelle a cui magari non sa neppure dare un nome, è il rispecchiamento emotivo. Tecnica che consente di restituire ad ognuno i propri sentiti, senza che si senta censurato o giudicato.
Il rispecchiamento emotivo, da un lato, consente al Mediatore Familiare di individuare e accogliere ogni emozione che risuona nella stanza onde poi aiutare il mediando in questione a diventarne cosciente e, quindi a riconoscerla, accettarla e gestirla in maniera efficace; dall’altro lato consente sia al mediando de quo di sentirsi capito e accolto nella sua emotività, nonché all’altro mediando di prendere coscienza delle emozioni altrui, sino a quel momento ignorate o non comprese, sebbene fossero il carburante della loro conflittualità in uno alle proprie, rivelandosi per tutti e tre la fonte di quell’insostituibile energia vitale che nasce dal sentire.