La famiglia è sacrosanta. In famiglia si nasce, si cresce, si conoscono e sperimentano le emozioni e i sentimenti come l’amore, si apprendono i valori e si impara anche come interagire a livello sociale.
Talvolta la vita mette a dura prova anche legami affettivi che sembravano solidi e le coppie entrano in crisi e decidono di lasciarsi.
Poiché le dispute familiari coinvolgono persone che hanno rapporti interdipendenti e continui e sono caratterizzate da emozioni forti e poiché la crisi di coppia mal gestita impatta in particolar modo, sui figli minori e può avere anche gravi ripercussioni sul loro corretto sviluppo evolutivo, occorre riservare a queste situazioni di crisi una grande attenzione e un più che adeguato trattamento.
Nel mondo occidentale da sempre si è cercato di risolvere anche le dispute familiari attraverso il processo
Tuttavia, proprio sulla scorta della consapevolezza delle peculiarità dei rapporti familiari e delle probabili conseguenze pregiudizievoli di un conflitto lungo, intenso e/o tardivamente risolto, da anni si lavora per cercare modalità di risoluzione dei conflitti familiari più adeguate del processo.
Nella maggior parte dei casi, infatti, la tutela giurisdizionale dei diritti non si rivela il modo migliore per gestire il conflitto di coppia in modo da sostenere il legame genitoriale nel momento della separazione. Ciò perché nel giudizio, in una logica di netta contrapposizione e scontro tra le parti, il giudice si occupa di cercare da quale parte sta la ragione e da quale altra parte sta il torto.
Il giudizio si conclude sempre con un vincitore e un vinto e ciò nelle dispute familiari può essere finanche pericoloso perché alimenta ed esaspera la conflittualità tra le parti impedendogli di “traghettare” verso un nuovo equilibrio e di riorganizzare la loro relazione soprattutto, ma non solo, per il bene dei figli.
All’esito di una disputa familiare, nessuno deve sentirsi vincitore né vinto. Si deve invece sentire di aver tutti contribuito in egual modo a ricercare le modalità per uscirne avendo collaborato e cooperato anche nella crisi.
Nei conflitti familiari occorre lavorare sulle persone proprio per aiutarle a riorganizzarsi a seguito della separazione
Si può dunque concludere che il giudizio dovrebbe essere l’ultima misura cui ricorrere, laddove non sia stato possibile raggiungere l’accordo in altro modo e non possa essere altrimenti tutelato il preminente interesse dei minori.
A tal proposito, anche il Preambolo alla Convenzione europea sull’esercizio dei diritti dei minori adottata dal Consiglio d’Europa a Strasburgo il 25 gennaio 1996 prevede che
“…. In caso di conflitto è opportuno che le famiglie cerchino di trovare un accordo prima di portare il caso avanti ad un’autorità giudiziaria“.
Estratto dal lavoro di tesi di fine-corso di formazione alla mediazione familiare di
Federica Cristina Invernizzi
Mediatrice Civile e Commerciale e Mediatrice Familiare
Allieva della Scuola Buzzi – Brahmaputra Onlus