L’adolescenza fa parte del ciclo di vita di ogni essere umano. Da sempre, è caratterizzata dalla trasgressione di quelle che sono vissute dai giovani come regole fortemente limitanti, sia in ambito familiare che scolastico e sociale.
Essere trasgressivi e impulsivi durante il periodo adolescenziale ha però anche una giustificazione neuroscientifica. Alcune zone del cervello, infatti, quelle deputate al pensiero logico progettuale – corteccia pre-frontale in primis – giungono a completa maturazione intorno ai 21 anni.
Si può pertanto sostenere che la trasgressione è una manifestazione fisiologica dell’adolescenza.
Anche se spesso viene vissuta con apprensione e paura dai genitori, essa è invece necessaria perché serve al giovane per misurarsi e per mettere alla prova l’autorità, genitoriale e non.
A volte capita che la trasgressione sfoci nella devianza, nella vera e propria illegalità
In questi ultimi anni sono balzati agli onori delle cronache diversi episodi che hanno visto come protagonisti adolescenti, per lo più organizzati in gruppi, che hanno colpito profondamente la cosiddetta opinione pubblica.
Si è trattato di episodi caratterizzati da notevole violenza, associata ad una apparente indifferenza e totale mancanza di consapevolezza da parte degli autori.
Siamo rimasti tutti sconvolti da ciò che raccontavano i media: bande di ragazzini che molestavano e torturavano per anni anziani disabili, baby gang che terrorizzavano i coetanei con ricatti ed intimidazioni, gruppi di quindicenni che usavano violenza fisica e pesanti atti di bullismo nei confronti di compagni di scuola, e così via.
In tutti questi casi l’aggravante era la condivisione di tali gesta sui social, incuranti del fatto che questo ponesse gli autori in condizioni di essere facilmente scoperti e quindi sanzionati e puniti.
Se è vero che alcune condizioni socio-culturali sembrano facilitare comportamenti del genere (bassa scolarità e livello economico, abbandono scolastico, immigrazione, delinquenza familiare ecc) è pur vero che alcuni di questi episodi hanno visto come protagonisti adolescenti che provenivano da famiglie cosiddette normali, senza nessun problema apparente.
Questo elemento dimostra come in generale sia la famiglia di oggi ad avere problemi nella gestione del Figlio:
- incapacità da parte dei genitori, soprattutto i padri, di svolgere i compiti normativi
- famiglie oberate da ritmi di lavoro insostenibili
- fluidità estrema, o assenza, di qualsiasi limite o confine
- condizione di figlio che si dilata nel tempo
- mancanza di punti di riferimento vissuti come tali.
Non ultimo, ma anzi di primaria importanza, distorsione del ruolo genitoriale, che mette in campo scenari narcisistici della genitorialità.
Tutto quanto sopra elencato sono le condizioni che rendono l’adolescente estremamente fragile. La normale e sana richiesta di costruzione di una identità e di un sé ben definito, spesso infatti non trova risposte adeguate né dalla famiglia, né dalle agenzie educative deputate a tale compito.
Se un adolescente si rende responsabile di atti illegali e di devianza, irrompe nelle famiglie l’impatto con la giustizia, il carcere e/o le misure alternative
I reati di cui si rendono responsabili gli adolescenti lombardi (secondo uno studio del 2018) sono per lo più:
- contro il patrimonio
- seguono quelli contro la persona
- e le violazioni delle leggi su uso e spaccio di sostanze stupefacenti.
L’età in cui gli adolescenti commettono maggiori devianze è fra i 16 e i 17 anni.
Per lo Stato Italiano sono imputabili i soggetti minorenni che hanno compiuto 14 anni ma non ancora 18, e che sono ritenuti capaci di intendere e di volere.
In casi del genere in seguito all’arresto del minore, questo transiterà presso un Centro di Prima Accoglienza. Da lì sarà poi sottoposto alla custodia cautelare presso l’Istituto Penale Minorile, oppure a misure cautelari non detentive (comunità, permanenza a casa ecc.).
È importante ricordare che il DPR 448 del 1988 ha avuto come principi ispirativi basilari:
- la non interruzione dei percorsi educativi in atto
- una personalizzazione del percorso di recupero
- l’esigenza di riparare la rottura relazionale e sociale prodotta dal reato
Tali principi sono propri di una visione che guarda al futuro e al reinserimento del giovane con meno conseguenze possibili.
In casi del genere le famiglie vivono questo impatto come una rottura drammatica, sia che l’evento arrivi del tutto inaspettato, sia che si tratti dell’esito di una escalation di agiti.
Le reazioni emotive saranno tantissime, diverse fra loro e dirompenti. Si avranno rabbia, vergogna sociale, iperprotezione, rischio di collusione, sollievo, tendenza a non vedere i bisogni sottesi alle azioni del figlio. E tanta sofferenza.
I professionisti che si occupano di Supporto alla Genitorialità in questi casi si attiveranno per far sentire i genitori – e quindi la famiglia- come una risorsa, anche se problematica o assente, poiché interlocutori privilegiati e riferimento affettivo.
In prima battuta si dovrà attuare un intervento che favorisca e faciliti l’esplicitazione e l’elaborazione di ciò che ha rappresentato per i genitori quanto accaduto al figlio.
Ci si dovrà pertanto attivare affinché vengano accolti e riconosciuti empaticamente i vissuti di rabbia, impotenza, vergogna, frustrazione. Cercare di uscire dalla spirale tossica della ricerca delle colpe per riattivare un circuito virtuoso di responsabilizzazione educativa.
Sarà necessario aiutare i genitori a capire quanto sia importante evitare atteggiamenti collusivi con i figli, adoperandosi per far emergere la tendenza a vedere il proprio figlio/a come vittima delle circostanze. In questo modo si porterà allo scoperto il rischio di ignorare con questo atteggiamento quali sono i bisogni, i disagi evolutivi dei figli, taciuti a parole ma dimostrati da ciò che è successo.
Nel Supporto alla Genitorialità è importantissimo aiutare i genitori ad immaginare un dopo, ad andare oltre l’evento drammatico che ha provocato una frattura così significativa negli assetti familiari.
Bisognerà rinforzare la loro capacità di adattarsi al cambiamento, sostenendoli e riattivando le alleanze e le relazioni, sia all’interno della stessa famiglia, sia suggerendo il confronto con gruppi di altri genitori che si sono trovati nella medesima situazione: la creazione di una rete di relazioni, qui come in tutti gli altri casi, è imprescindibile.
Da ultimo sarà fondamentale aiutare questi genitori a vedere il carcere e/o le misure restrittive alternative non solo come una coercizione ma -anche se molto difficile da comprendere- come una opportunità; aiutarli a capire che in questo modo il controllo e la privazione della libertà possono diventare anche un contenimento relazionale, e cioè “Io ti controllo per poterti aiutare”.