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Bullismo o conflittualità tra adolescenti?

Il bullismo è una forma di comportamento intenzionalmente violento, messo in atto con lo scopo di ferire qualcuno emotivamente e/o fisicamente.

Rientrano nelle condotte di bullismo gli spintoni, gli sgambetti, il prendere a pugni ma anche il danneggiamento di cose e i piccoli furti. Allo stesso modo, costituiscono atti di bullismo gli insulti, le offese, le prese in giro, le false accuse, le critiche immotivate.

L’autore di questo comportamento sfrutta uno squilibrio di potere con lo scopo di dominare la vittima, ferendola deliberatamente e ripetutamente. Le parole e il comportamento del bullo finiscono per incidere sul livello di autostima della vittima, influenzando profondamente il suo modo di percepirsi.

Il meccanismo che ne deriva è la cosiddetta “profezia che si autoavvera“: la vittima pur essendo “capace” minimizza le proprie capacità così come “previsto” dal bullo, finendo con l’identificarsi nel ruolo che le è stato assegnato.

Anche e soprattutto i social media vengono usati per inviare messaggi dai contenuti meschini. Attraverso questi strumenti, i bulli possono addirittura dire cose che non riuscirebbero a esprimere di persona. I cyberbulli potrebbero pubblicare informazioni personali, immagini o video per ferire o mettere in imbarazzo la vittima.

Il continuo assistere a episodi di bullismo, tanto offline che online, può consolidare una logica di indifferenza e scarsa empatia. La tendenza può andare nel senso di semplificare la lettura della situazione, portando a sminuire il problema o, peggio ancora, negarlo.

L’età a rischio

Il bullismo coinvolge più frequentemente i ragazzi dagli  11 e i 17 anni, anche se il periodo più critico è quello fra 11 e 13. A scuola, il bullismo si verifica in tutti gli ambienti che permettono le relazioni tra pari quali classi, corridoi, bagni, palestre, cortile …

I ruoli sono ben definiti. Il bullo è colui che attua dei comportamenti violenti fisicamente e/o psicologicamente; la vittima è chi  subisce tali atteggiamenti.

Possono incarnare il ruolo del bullo sia i ragazzi che le ragazze. Tra queste ultime è stato registrato un più alto tasso di violenza verbale psicologica

La vittima non viene scelta in modo casuale. Generalmente mostra elementi di diversità rispetto al gruppo sociale in cui è inserita: origine etnica, disabilità, religione di appartenenza, genere o orientamento sessuale.

Può presentare già inizialmente bassi livelli di autostima, difficoltà emotive, disturbi del comportamento, che con il tempo, se presa di mira dai bulli, possono accentuarsi. Le conseguenze del bullismo sulla vittima si ripercuoteranno anche sul suo livello scolastico che tenderà ad abbassarsi, anche a causa del suo tentativo di sfuggire ai bulli attraverso le assenze scolastiche.

In tutti i modi, il bullo tenta di escludere la vittima dal gruppo per farle provare disagio e farla sentire inadeguata. Nei casi più disperati le vittime possono avere pensieri di suicidio.

Conflitto e bullismo non sono la stessa cosa

Mentre il conflitto è un naturale momento da attraversare nelle relazioni interpersonali e la sua gestione positiva appartiene all’area della competenza relazionale, il bullismo è assimilabile alla violenza, è una modalità di gestione distruttiva della conflittualità, penalizza le relazioni e le persone coinvolte nelle capacità sociali e interpersonali.

Tale differenza è fondamentale per comprendere il motivo per cui è necessario educare i ragazzi alla gestione positiva della conflittualità.

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