È crescente il numero di adulti e bambini che si trovano ad affrontare transizioni familiari, rotture di legami e una successione di modelli di famiglie differenti andando incontro a una molteplicità di cambiamenti in tutta la rete delle loro relazioni.
Gli adulti possono scegliere se e con chi parlare della separazione: parenti, amici, colleghi di lavoro, professionisti… Per i bambini è molto più complicato. Recentemente si sta facendo strada la risorsa dei Gruppi di Parola, specificamente pensata per i figli di genitori separati.
Un intervento per favorire una ristrutturazione delle relazioni del nucleo familiare diviso, permettendo ai figli di esprimersi su quello che vivono nella propria famiglia.

I Gruppi di Parola seguono un originale modello di intervento, messo a punto a Montréal, in Canada, nel 1992 da Francine Cyr (psicologa clinica e docente al Dipartimento di psicologia dell’Università di Montreal) e Lorraine Filion (assistente sociale e mediatrice familiare responsabile del Servizio di mediazione del distretto giudiziario di Montréal).
Successivamente, in Francia Marie Simon (dottore in psicologia clinica e psicopatologia dell’infanzia e della famiglia, ricercatrice e docente, specializzata in problematiche infantili nelle transizioni familiari) ha sperimentato le potenzialità di questa risorsa e progettato un apposito percorso formativo su un modello codificato di intervento.
In Italia, a partire dal 2005, questa metodologia è stata introdotta dall’équipe del Centro Studi dell’Università Cattolica di Milano.
La partecipazione prevede quattro incontri con i bambini, cinque con gli adolescenti, di due ore ciascuno una volta alla settimana.
Vi si accede su richiesta diretta o su suggerimento degli operatori psicosociali o del diritto. Per l’iscrizione è però indispensabile il consenso scritto di entrambi i genitori. Non si tratta di un gruppo di tipo terapeutico ma di sostegno e scambio tra pari. L’attività prende avvio con un minimo di quattro e non più di otto/dieci componenti. Bambini o ragazzi di una fascia di età abbastanza omogenea.
Generalmente i gruppi sono formati da bambini tra i sei e i dieci anni, oppure da ragazzini tra gli undici e i tredici anni, o ancora da ragazzi tra i quattordici e i sedici anni.
Per consentire il massimo dell’espressione individuale i fratelli sono preferibilmente inseriti in gruppi differenti. Il percorso è attentamente pensato e strutturato.
È importante che vi sia una cornice rigorosa che definisca le regole: puntualità, presenza a tutti gli incontri, ascolto, rispetto reciproco e confidenzialità. Il conduttore lo sottolinea rispetto al proprio ruolo garantendo l’assoluta riservatezza. Per contro, ai partecipanti non è richiesto un analogo riserbo.

In ogni sessione vengono affrontati argomenti inerenti alla separazione: il modo d’intendere la famiglia, il conflitto, le due case, la famiglia ricostituita.
Il lavoro sulle emozioni è trasversale a tutte le sessioni.
Gli argomenti prendono voce attraverso la parola, il disegno, i giochi di ruolo, la scrittura, la lettura, le immagini, il collage, l’uso di burattini. Ogni incontro ha la sua cadenza precisa, un ritmo, in una cornice rituale che prevede un momento iniziale di accoglienza, una pausa di ristoro e i saluti finali.
La scrittura e la preparazione di una lettera congiunta ai genitori rappresenta l’obiettivo del penultimo incontro, proprio in vista della presenza di padri e madri alla conclusione del percorso. Attraverso i messaggi scritti collettivamente ciascuno parla di tutti, ma al contempo parla di sé e questo sostiene e preserva da una esposizione troppo forte.
Dopo la lettura ciascun genitore ha un tempo per rivolgere un pensiero al gruppo scrivendo brevi messaggi che vengono letti dal conduttore in forma anonima. Si tratta di un momento assolutamente collettivo.
L’obiettivo è favorire uno scambio di parole nuove e di pensieri il più possibile liberi e spontanei.
La conduzione prevede tempi di lavoro brevi. È rapida, pronta e reattiva ma attenta a non anticipare o sovrapporsi al singolo o al gruppo. Quando si percepiscono emozioni inespresse o qualcuno fa un’affermazione difficile, è possibile rilanciare la questione al gruppo riformulandola con una domanda che possa coinvolgere tutti. Il conduttore si pone nella posizione di chi non sa. Si fa sempre spiegare tutto, non interpreta e soprattutto non strumentalizza le parole.
Il setting prevede “un angolo dei cuscini”, che è il luogo dell’accoglienza, dei saluti finali e di ogni attività che richiede raccoglimento, “un angolo della merenda”, un tavolo per disegnare e “un angolo della lavagna”.
Per mia esperienza persole diversi sono i benefici che si possono trarre dalla partecipazione ai gruppi di parola.
In primis la leggerezza che ho notato nei bambini dopo il confronto e le riflessioni in loro scaturite.
In secondo luogo la caratteristica di rappresentare un vero e proprio dono che i genitori possono fare ai propri figli mettendoli in condizione di poter esprimere le loro emozioni soprattutto grazie allo strumento della lettera che rappresenta un momento di grande pathos per entrambe le parti.

Da un lato, infatti, i bambini hanno la possibilità, in assoluta libertà, di scrivere ciò che pensano, essendo la lettera anonima. Dall’altro i genitori possono comprendere quanto la loro scelta abbia inciso sulla vita dei figli con la possibilità di dare loro una risposta autentica e sincera.