La Riforma Cartabia ha inserito, nell’ambito dei procedimenti di famiglia, l’art. 473bis 18 c.p.c. rubricato “Dovere di leale collaborazione”. Nella Relazione Illustrativa al D. Lgs. 149/2022 si legge che con questo articolo si è inteso sottolineare “il dovere di leale collaborazione che le parti sono tenute a rispettare, in una prospettiva di correttezza e trasparenza che deve informare l’intero svolgimento del giudizio.” Si tratta di una norma speciale rispetto a quella generale prevista dall’art. 88 c.p.c. che statuisce il dovere di “lealtà e probità” delle parti nel giudizio.

La collaborazione a cui fa riferimento il nuovo articolo è relativa alle informazioni e alle produzioni documentali inesatte o incomplete che una parte rende rispetto alle proprie condizioni economiche.
“Il comportamento della parte che in ordine alle proprie condizioni economiche rende informazioni o effettua produzioni documentali inesatte o incomplete è valutabile ai sensi del secondo comma dell’articolo 116, nonché ai sensi del primo comma dell’articolo 92 e dell’articolo 96“. (art. 473bis 18 c.p.c.)
Come stabilito dall’art. 473bis 12 c.p.c. per il ricorrente e dall’art. 473bis 15 c.p.c. per il convenuto, in presenza di richieste patrimoniali o, in ogni caso, di prole minorenne, le parti sono tenute ad effettuare una completa e fedele ricostruzione delle rispettive condizioni economiche e patrimoniali. Il legislatore ha quindi imposto una collaborazione anche in deroga ai principi generali che regolano la difesa, giungendo a prevedere la disclosure di informazioni anche se contrarie ai propri interessi, in virtù degli obblighi di reciproca protezione che derivano dal rapporto matrimoniale sanciti dall’art. 29 Cost..
Cosa prevede in pratica l’articolo in esame? La dichiarazione dei redditi (o le ultime tre) che normalmente veniva prodotta in precedenza, non è sufficiente ad avere un’immagine completa della situazione reddituale e patrimoniale di un individuo.
Le partecipazioni in società di capitali, ad esempio, non vengono riportate nella dichiarazione dei redditi per le quale è necessario desumere informazioni dal Registro delle Imprese, così come le autovetture intestate ad una persona sono disponibili solo presso il P.R.A..
Nel patrimonio mobiliare rientrano:
- depositi bancari e postali;
- investimenti in titoli di Stato;
- denaro affidato a società di investimento o di risparmio (ad esempio assicurazioni miste sulla vita o polizze pensionistiche);
- quote di partecipazione azionaria o in società a responsabilità limitata, fondi comuni di investimento ecc.
Mentre per il patrimonio immobiliare, occorre far riferimento all’insieme dei beni immobili, così come individuati dall’art. 812 c.c., e non solo agli immobili in sé, ma anche ai diritti reali di godimento: usufrutto, uso, abitazione, servitù, superficie, enfiteusi, mentre è esclusa la nuda proprietà.

Il dovere di leale collaborazione: ultimi cambiamenti
Poiché una norma che preveda un livello di collaborazione così pervasivo, senza al contempo prevedere delle sanzioni adeguate per la sua violazione sarebbe, verosimilmente, rimasta lettera morta, il legislatore, molto opportunamente, ha previsto delle sanzioni specifiche.
La violazione del dovere di leale collaborazione integra un comportamento valutabile ai sensi dell’art. 116, secondo comma c.p.c., ma soprattutto e con una maggiore forza deterrente, in caso di informazioni o documenti inesatti o incompleti il giudice può applicare l’art. 92, primo comma c.p.c., che prevede la condanna alle spese processuali a prescindere dalla soccombenza, nonché l’art. 96 c.p.c. e la specifica serie di sanzioni economiche in caso di lite temeraria.
Il dovere di leale collaborazione, in linea con l’evoluzione del diritto di famiglia e la responsabilizzazione delle parti nel contenzioso, segna un cambiamento di paradigma. Dall’impostazione meramente avversariale che ancora troppo spesso, purtroppo, vediamo dispiegarsi nei tribunali da parte di professionisti ancorati ad una visione obsoleta del diritto di famiglia, si va verso lo sviluppo dell’avvocato di famiglia come professionista che collabora con la controparte, nel rispetto dei diritti del proprio assistito, ma con il superiore imperativo della protezione di tutti i soggetti del consorzio familiare ed, innanzitutto, dei figli.