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I Moso e la Mediazione Familiare (segue)

Settimana scorsa, grazie al contributo di Maria Francesca Francese, alcuni di noi hanno saputo dell’esistenza di una società, quella dei Moso, dove il rapporto di coppia e la cura e l’educazione dei figli rappresentano due aspetti distinti nella vita di questa popolazione.

Scopriamone di più questa settimana… 

La coppia

Arrivati alla pubertà, tradizionalmente ragazzi e ragazze affrontano una cerimonia di passaggio e le ragazze ricevono una stanza individuale, detta “stanza dei fiori” nella quale saranno libere di incontrare gli uomini con cui si intrattengono però solo durante la notte. Questo tipo di relazione esclusivamente notturna si chiama tiese che significa “avanti e indietro”, in inglese è tradotto con “walking marriage”. All’alba gli uomini fanno ritorno alla loro casa materna ed ognuno, l’uomo e la donna, si occuperà della vita e dell’andamento della propria famiglia materna assieme a tutti gli altri membri della famiglia matrilineare.

L’unione delle coppie non si fonda sulla necessità, sulla convenienza, sull’investimento sociale, emotivo e relazionale, ma è basata semplicemente sul mutuo consenso. Tale unione può essere esclusiva o non esclusiva, fugace o duratura, tendenzialmente segreta o nota. Tutte queste variabili per molti di noi rappresentano propriamente la differenza tra una vita felice ed appagante ed un’esistenza miserrima (provate a pensarvi o a pensare a qualche vostro caro in una relazione di coppia non esclusiva, fugace e segreta…).

Per i Moso, comunque vada la vita di coppia, questa è perfettamente ininfluente rispetto al resto della vita, rispetto alle proprie responsabilità, alla propria immagine o identità sociale ed è indifferente anche rispetto al benessere dei figli che viene garantito in ogni caso.

Al resto della società, a cominciare dalle famiglie, la vita di coppia non interessa gran che.

I figli vengono cresciuti nella famiglia materna e le figure maschili di riferimento sono i fratelli e gli zii della madre. Il padre di un bambino, normalmente è noto, ma sebbene possa occuparsi di suo figlio, la sua responsabilità primaria è verso i propri nipoti, ovvero verso i figli delle donne della sua famiglia.

In questo modo, se il legame tra i genitori si interrompe, i figli non ne subiscono alcuna conseguenza, non lo vivono in modo traumatico perché la stabilità proviene loro dalla famiglia della madre, non dalla coppia genitoriale.

Come dice Cai Hua nel suo libro “Une société sans père ni mari. Les Na de Chine.” Una tale organizzazione familiare evita numerosi conflitti che per noi sono molto comuni; oltre alla conflittualità nella coppia, quella tra padri e figli, le liti tra cognate o tra suocera e nuora.

La società e le tradizioni Moso si stanno estinguendo.

Più della rivoluzione culturale, più degli incentivi forzosi al matrimonio, ha potuto l’arrivo della modernità. L’avvento del cambiamento dello stile di vita che si è determinato grazie alla costruzione di vie di comunicazione moderne, i turisti, i soldi in gran quantità in un’economia che è sempre stata poco più che di sussistenza hanno fatto sì che i Moso stiano abbandonando gli antichi costumi e si stiano adattando al matrimonio, alla vita di coppia all’occidentale e ad altre caratteristiche della nostra modernità. 

Ormai da una decina d’anni o poco più, molti giovani Moso hanno scelto il matrimonio e la famiglia nucleare. Non sappiamo ancora se riusciranno a mantenere la ricchezza ed il vantaggi delle loro antiche tradizioni.

Cosa c’entrano i Moso con la mediazione familiare?

I Moso hanno incarnato alcuni aspetti che noi mediatori familiari ricerchiamo faticosamente nelle nostre mediazioni. Innanzitutto, I Moso sono la “prova provata” che è possibile dare ai figli una famiglia amorevole e stabile, indipendentemente da qualunque altra circostanza. Poi, avevano una struttura sociale ed economica che metteva al centro le relazioni in famiglia prendendosene cura e questo era considerato di estrema importanza. Infine, ci sono anche altri aspetti che sono importanti per me, ad esempio che la vita di coppia è fonte di gioia ed è libera, che nessuno è solo perché qualunque cosa accada, la famiglia permea esplicitamente ogni aspetto dell’esistenza e non può essere semplicemente obliterata.

I Moso per me

Ultimamente, sempre più spesso, mi ritrovo a pensare ai Moso.

Quando mi sento quasi sopraffatta dal dolore grande che si genera con il conflitto in famiglia, quando mi sento come una voce che grida nel deserto, è allora che penso ai Moso.

Esiste in noi come razza umana la possibilità di vivere con meno tribolazioni in famiglia e i Moso ne sono una prova. Non siamo destinati al dolore e alla sofferenza nelle relazioni familiari, non deve essere per forza così.

Se anche voi, come me, siete stati cresciuti a pane-e-senso-di-colpa, sapete che, soprattutto nelle situazioni difficili, di fronte al dolore di una coppia o all’impotenza dolente dei figli, una vocina da dentro inizia a fare delle domande diaboliche: chi ha sbagliato? di chi è la colpa? ma perché fanno così? e via di questo passo.

Come mediatori familiari queste domande non hanno senso. Noi non attribuiamo torti o ragioni e non ci occupiamo del perché ci si ritrovi in certe situazioni. Noi semplicemente stiamo lì, con la coppia. E’ come se stessimo con loro in una stanza buia e provassimo ad accendere una torcia elettrica dicendo: provate a guardare lì, provate a guardare là.

I Moso per me non sono un ideale a cui aspirare, né un modello da proporre. Sono la possibilità di guardare con occhi nuovi la coppia, la famiglia, le relazioni familiari, cioè tutte quelle cose che sembrano scolpite nella pietra e che fanno parte del nostro DNA.

Mi piace pensare che nel nostro DNA ci sia anche la possibilità di essere un po’ Moso, chissà.

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